domenica 10 giugno 2012

Città o campagna?

Nel nome di queste 'atmosfere' antitetiche (città e campagna) si apre questo post, che vuole un po' essere anche un omaggio all'umanista che sto studiando: il buon Maffeo Vegio, attivo nella prima parte del '400 e scrittore poligrafo (trattati, dialoghi e poesie, tutti rigorosamente in latino).
Questo bravo quanto sconosciuto 'omino' dell'Umanesimo era un fervido sostenitore dell'ambiente cittadino: egli amava sopra ogni altra cosa Pavia, dove si era formato, e Milano, dove invece tentava di entrare ad ogni costo nelle grazie dei potenti Visconti (...e questa ricerca di protezione non vi sembra una cosa molto molto contemporanea, anzi direi eternamente in atto? Al proposito ho scritto un post: Letteratura e potere, un connubio immortale..leggetelo se vi va!).
Ma il Vegio possedeva anche qualche appezzamento di terra nei dintorni di Lodi, in aperta campagna: in questi suoi possedimenti si era rifugiato sicuramente per ben due volte, nel 1423 e nel 1431, quando in città la peste infuriava. Durante queste due occasioni di forzato soggiorno agreste, il Vegio non perde occasione di scagliarsi contro i contadini, dipinti come veri e propri diavoli scatenati contro il 'padrone' Vegio. Egli, nei Pompeiana e nei Rusticanalia, li riprende continuamente, chiamandoli ladri e animali, e non risparmia lamenti anche nei confronti della campagna, che per lui si identifica con un luogo 'morto', non vitale, senza gli stimoli umani e culturali che invece rendono la città l'humus ideale per gli umanisti, sempre bisognosi di scambi, di confronti e di discussioni con altri umanisti. Il Vegio è invece costretto, in campagna, a confrontarsi con questi rozzi contadini, che assumo addirittura connotati animaleschi, sia per il loro lavoro che li porta a stare sempre curvi come le bestie, sia per i loro ferini e incontrollabili istinti sessuali.
Insomma, per il Vegio, la campagna è un luogo da abbandonare immediatamente per la sua capacità di abbrutire la specie umana; la città è invece sede della raffinatezza e del progresso, ambiente ideale per chi è veramente 'uomo'.
Questo suo atteggiamento nei confronti del mondo contadino e della campagna è del resto topico, tradizionale di un filone letterario che si radica nel Medioevo e che contrasta fortemente con la visione idealizzata del rus = campo che avevano gli antichi scrittori: basti pensare a Virgilio, a Tibullo e a Catone, ma anche alle sparse dichiarazioni ciceroniane in merito, che concepiva la campagna come luogo ideale per l'uomo forte fisicamente e moralmente.
In termini oggettivi, l'opposizione città e campagna potrebbe equivalere grosso modo alla distinzione artificio / natura: la città è il luogo dell'uomo, totalmente artificiale, creata dalla mente e dalla mano umana. La campagna dovrebbe essere dominio della natura, almeno in teoria. In teoria, perché anche la campagna risulta fortemente antropizzata: basta guardare le colline toscane, così perfette nella loro disposizione di vigneti, uliveti e frutteti, di campi e di stradine che li attraversano: in fondo, dunque, anche la campagna odierna è una specie di 'città', proprio per la mano infaticabile e invadente dell'uomo che la ha riplasmata secondo i suoi bisogni.
Quindi, a pensarci bene, non esiste poi tanta differenza tra questi due 'mondi'; quello che li distingue è in sostanza la più alta concentrazione di edifici che c'è in città rispetto alla campagna, che permette al cittadino (si ritorna sempre, inevitabilmente, alla dimensione umana) di avere a disposizione una serie di divertimenti e svaghi molto più varia e sicuramente diversa da quella che caratterizza la vita di campagna.
Sì, è proprio qui che voglio arrivare: non c'è differenza, almeno per l'Italia, tra campagna e città (entrambe  antropizzate fino agli estremi): quello che è diverso è la VITA di città rispetto alla VITA di campagna.
Io sono una pendolare che ha da sempre abitato in campagna, ma che quasi giornalmente per motivi di studio e lavoro frequenta una grande città: penso di poter azzardare un mio parere su questi due mondi..!
Personalmente amo pazzamente la campagna: adoro quando torno la sera e vedo le colline coperte di mille varietà di verde e il sole che le illumina di traverso, e il rumore del vento tra i cipressi che ho vicino casa, e le rondini che svolazzano infaticabili, e l'erba che come l'acqua riesce a infiltrarsi in ogni dove, e le lucciole la sera che attraversano danzando i campi di grano di fronte casa, e i mille versi di animali che ci sono qui (falchi, tutti i miei animaletti da cortile, i miei cani, i miei ricci - sì, anche i ricci fanno un verso che è stranissimo e che non so come si chiama, ma lo fanno :-))
Riesco a scaricare lo stress del giorno non appena, spenta la macchina, sento il silenzio: sentire il silenzio è stupendo, è molto più eloquente di qualsiasi altro discorso: è infatti un silenzio non silenzio, quello della campagna. C'è il ventolino che ti parla e che ti accarezza, calmandoti; c'è il cinguettio dei passerotti che è una vera e propria musica, c'è il gallo che non appena mi sente arrivare mi saluta con il suo strepitoso chicchirichiiii, ci sono i miei cani che festeggiano il mio ritorno a casa come mille salti addosso che non riesco a frenare, c'è il contadino laggiù che sul trattore torna a casa in mezzo alle vigne, stanco fisicamente, ma contento e soddisfatto e senza pensieri o ansie...
Scriverei un romanzo di 1000 pagine sulla bellezza del vivere in campagna, si sarà capito! Dopo una giornata in città, tra mille discorsi e mille attraversamenti di strade asfaltate, tra voci e voci che si rincorrono e che si perdono nell'aria afosa, tornare qui è stupendo ogni sera, mangiare fuori, sotto la tettoia di legno con l'odore dei gelsomini che ci avvolge, è magico, ogni sera, vedere il mio fidanzato ogni sera e passeggiare per le viuzze illuminate dalla luna è emozionante, ogni sera...ogni sera in campagna è sempre diversa, e sempre bellissima...
E chi dice che in campagna ci si annoia o che non c'è nulla da fare, beh, non so che tipo di campagna abbia frequentato...! Ogni volta che leggo il mio buon Vegio, mi domando come faceva a disprezzare così tanto la campagna da desiderare ardentemente il suo ritorno in città..! E' vero che nel '400 la situazione era diversa: in città non c'era fumo, c'erano cavalli e asini come mezzi di trasporto, e carri senza marmitte..
Non sto screditando la città di oggi: tutt'altro. Anche io in fondo sono una cittadina 'adottiva': ci vado ogni giorno in città, e non posso dire che qualche volta mi attragga tanto da pensare a come ci potrei vivere..però se devo scegliere..non abbandonerei mai la mia campagna-relax, per tutti i motivi che vi ho detto e per altri mille motivi che non ho avuto tempo di dire...!!
La mia, insomma, è un'apologia della vita di campagna: in questo mi scontro col mio Vegio. Ma la mia apologia non ha spazio per la critica verso la città: non posso non amare un centro di cultura come Firenze, e in generale le città come segno della mano dell'uomo. La mia è solo una preferenza, anzi, una scelta in sintonia con la mia 'natura'.
Mi trovo bene nel verde e nel blu dei miei campi!

Nessun commento:

Posta un commento