mercoledì 30 maggio 2012

Libertas... Libertà!

Liberté, liberté, liberté, liberté...!!! Il principio-simbolo della Rivoluzione francese (assieme agli altrettanto famosi  egalité e fraternité) da sempre accompagna la riflessione umana, non solo ai più alti livelli filosofico-religiosi, ma anche nella quotidianità della vita. Già per gli antichi Greci e Romani, dalla cui cultura parte tutta la nostra, di cultura (!), onorarono questo alto concetto con la creazione di vocaboli fonicamente e semanticamente importanti e grandiosi: eleutheria in greco e libertas in latino. Ma per quelle grandi civiltà, la libertà riguardava quasi esclusivamente la condizione di un ristretto gruppo di uomini (maschi), cioè i cittadini liberi, e perciò era intesa soprattutto da un punto di vista politico: l'uomo libero (il non-schiavo e il non-donna: questo naturalmente è uno dei limiti di quelle grandi civiltà) possedeva l'esclusività del diritto di esprimersi liberamente durante le assemblee politiche e durante le riunioni pubbliche. Il peso della libertà antica, dunque, era eminentemente 'sociale', ma anche al limite del 'settario', perché si realizzava solo per una piccola parte della popolazione. Infatti, negli antichi auctores (i grandi scrittori dell'Antichità), queste due parole sono soprattutto utilizzate all'interno di orazioni e trattazioni politiche. 
Con l'affermarsi della religione cristiana, sorse anche il concetto di 'libero arbitrio', un concetto che, nella forma del suo rovesciamento, il determinismo, in verità già era al centro dello Stoicismo. Sostanzialmente, la cultura cristiana identifica la libertà con il libero arbitrio; in realtà le due idee non sono la stessa cosa. Il libero arbitrio riguarda infatti la possibilità che ha l'uomo di scegliere quale azione compiere: riguarda insomma la libertà 'pratica' e solo questa, ed è per questo che è sorta con il Cristianesimo, che aveva la necessità di spiegare come mai un Dio onnipotente e onnisciente dia all'uomo la possibilità di scegliere tra bene e male (l'uomo deve scegliere perché così potrà essere giudicato da Dio in base alle sue consapevoli azioni).
Con la Rivoluzione francese, quell'enorme e totale rovesciamento del 'mondo' umano che è alla base degli aspetti - belli e brutti - della contemporaneità, si afferma un nuovo concetto di 'libertà', totalmente laico e (almeno in teoria) universale. La libertà si identifica con un coacervo di rivendicazioni di diritti e doveri, come la libertà di stampa, la libertà di parola, la libertà di pensiero, e più tardi la libertà di sciopero e di manifestare in modo pacifico il proprio dissenso politico eccetera eccetera.. Se insomma sembra che la nostra libertà sia in sostanza molto più ampia di quella dei Greci e Romani e di quella degli antichi Cristiani, siamo davvero sicuri che lo sia? Sicuramente la rivendicazione dei diritti civili e della loro universalità ha fatto progressi; la donna non è più segregata in casa, il lavoro è un diritto-dovere per tutti e non esiste più lo schiavo (parliamo naturalmente solo delle civiltà europee); i bambini sono tutelati nella loro crescita e gli animali godono di grande protezione legale. Ribadiamo che ancora una volta, per tutto quanto c'è di buono oggi, ringraziamo la Rivolution française!!
Ma quanti 'ma' esistono anche per le cose suddette? Quante eccezioni? Quante infrazioni? Troppe: troppe per dire che davvero la libertà della Rivoluzione si sia effettivamente realizzata in tutto; non c'è bisogno di menzionare la politica: in questo campo non abbiamo imparato proprio nulla dal passato, anzi, siamo imbestialiti e inselvatichiti. Botte in Parlamento, proclami urlati, propagande truccate, giri illeciti di soldi e donnacce, tg, giornali e tv pilotati e trash, e chi più ne ha più ne metta. Ma noi siamo davvero gli eredi delle antichi ed evolutissimi Greci e Latini? Dovremmo concludere di no, almeno sul piano della libertas. Piuttosto mi sembra che abbiamo molto imparato dai periodacci della storia, come quello orribile del Fascismo, quando alla radio, in tv e sui giornali mandavano servizi iper truccati, dove tutto era bello, buono e superficiale: si mirava al rintontimento generale (che fu raggiunto clamorosamente, e con le disastrose conseguenze che sappiamo). L'odierna 'informazione', vi pare che sia tanto diversa? Ma ci rendiamo conto di cosa mandano in tv? Claustrofobici spazi culturali o di discussione politico-sociale sono trasmessi durante le ore morte della notte, mentre il giorno ci bombardano, grandi e piccini, con vera spazzatura. 
Questa spazzatura verbale è infinitamente più inquinante di quella che è gettata per le strade di Napoli. Perché? Perché se permettiamo al potere politico marcio di chiuderci i cervelli e di renderci sordi e ciechi come potremmo educarci al rispetto e alla moralità costruttiva? Come potremo capire che se buttiamo spazzatura in strada quella schifezza finirà negli stomaci dei nostri figli? 
Noi siamo di questo semplice parere: se vogliamo conquistare la vera e completa libertà, che unisce tutto quello che di buono è venuto fuori dallo sviluppo storico di questo concetto (filosofico, religioso, laico), riappropriamoci della libertà di pensare. A cose serie. 

Ritorniamo in noi stessi. 
Riflettiamoci.
Ascoltiamoci.
...è importante!!

mercoledì 23 maggio 2012

Caccia ai cacciatori!

Oggi parleremo di un problema scottante, sulla scia della questione del rapporto uomo-animali inaugurato con i due post precedenti a questo: la caccia e il bracconaggio.
Prima di tutto un po' di etimologia di questi due termini, sempre utile a comprendere meglio i fenomeni che identificano: la radice della parola 'caccia' è la stessa del verbo latino capio, e, naturalmente, del suo frequentativo capto. Da qui deriverebbe una forma del latino volgare non attestata, *caciare (risalente alla forma captiare, dal latino capto, appunto), da cui a loro volta trarrebbero origine il moderno termine italiano caccia e il corrispondente francese chasse, per esempio. Capio significa 'prendere', ma anche, in senso militare, 'impadronirsi di': ecco dunque spiegato il significato della caccia. Si tratta di un appropriarsi di qualcosa su cui esercitare la propria volontà. Nel termine si nasconde dunque una sorta di egoismo e di prepotenza, che ben rappresenta la moderna attività che va sotto il nome di 'caccia'.
Se però nella preistoria l'uomo, per l'appunto primitivo, doveva cacciare per procurarsi cibo, animale tra animali, con l'evoluzione è sorta - grazie al cielo - l'agricoltura, che ha permesso all'uomo di sviluppare colture in grado di nutrirlo in modo più vario rispetto alla povertà alimentare dovuta alla semplice attività di raccolta di bacche, radici e funghi e, appunto, alla caccia. Lo sviluppo ulteriore ha fatto sì che l'uomo della storia raggiungesse livelli di civiltà così elevati da far giungere Pitagora e poi Ovidio, come già detto nel post precedente, al rifiuto consapevole e filosoficamente motivato della carne animale. Tuttavia la caccia non è mai sparita del tutto dalla vita dell'uomo: il raffinatissimo Federico II di Svevia scrisse un famoso trattato di falconeria, il De arte venandi cum avibus (Sull'arte di cacciare con i volatili) una modalità di caccia tipica delle abitudini hobbistiche dell'aristocrazia medievale, che marcava la propria superiorità proprio dedicandosi a questa attività esclusiva della loro classe. Quindi, nel Medioevo la caccia era uno strumento di affermazione sociale: il nobile realizzava e ostentava il suo status di 'nobile', appunto, proprio praticando la caccia servendosi dei rapaci.
Ma oggi? Perché esiste ancora la caccia nella società occidentale? Per una volontà di distinguersi socialmente? Perché ci manca il cibo? No. Abbiamo tutto: i supermercati traboccano di carne di tutti i tipi, e lo status symbol è ormai rappresentato dalle automobili, dai viaggi che si riescono a organizzare o dalla quantità di donne che uno riesce a portarsi a letto nel minor tempo possibile. Dunque, perché si continua a cacciare??
Beh, sinceramente facciamo fatica a spiegare il perché della persistenza di questa ormai barbara attività: possiamo però avanzare una ipotesi che ha però tutta l'aria di essere la dura realtà. E' il paradosso della noia che sta sotto tutto questo sistema: la volontà di divertirsi a ogni costo, anche con espedienti moralmente discutibili, porta molta gente a dedicarsi ad attività terribili, che portano morte e distruzione. Noi ci domandiamo questo: come è possibile che un uomo si diverta a uccidere degli animali innocenti, a vederli morire, sghignazzando soddisfatto come se avesse vinto e abbattuto un nemico crudele e totalmente negativo?? Se vi divertite tanto, cari cacciatori, a tenere un fucile in mano e a prendere la mira (perché NON VOGLIAMO credere che vi divertiate provocando morte e portando povere prede a casa, neanche foste degli eroi) ci sono i poligoni: sfogate la vostra assurda voglia di sparare in uno di questi posti attrezzati, dove non c'è danno se non per le sagome di cartone.
E poi il bracconaggio (dal francese braconner = cacciare di frodo, illegalmente) è, come indica la parola italiana, un prestito (non solo linguistico) dal francese, una pratica importata dall'estero, che a nostro avviso meriterebbe una condanna senza appello da parte di tutta la società civile (almeno di quella veramente civile):  molto spesso, infatti, si tratta di persone che non hanno nemmeno il porto d'armi, e che quindi uccidono in modo del tutto illegale e criminale. Come i cacciatori uccidono, ma con l'aggravante che spesso sparano senza saperlo fare.
Tutti dovremmo prendere coscienza dell'assurdità maligna della caccia. Tutti dovremmo combattere contro questa vergognosa mentalità del 'fucile'. Tutti dovremmo educare i bambini fin da piccoli al rifiuto di simili ingiustizie. Insegnamo ai nostri figli che il divertimento dell'uomo (bah?) non vale MAI la vita di creature innocenti e indifese. Gli animali, tutti gli animali, anche quelli più feroci, di fronte al fucile e alla polvere da sparo sono paragonabili a un neonato: i peggiori artigli sono quelli artificiali dell'uomo che non ha rispetto per la vita altrui, che sia uomo o animale.
Sicuramente ha un grande fondo di verità il detto diffusissimo che dice: 'chi non ama gli animali non ama neanche gli uomini'. Quindi impariamo prima ad amare - e a far amare - gli animali, la vita in ogni sua forma, e avremo almeno un mondo sicuramente migliore di quello d'oggi!

domenica 13 maggio 2012

Vegetariani e non: basta ipocrisie e derisioni!

In linea con il post immediatamente precedente, mi sento in dovere di affrontare una tematica che fin da Pitagora, per poi passare a Ovidio e infine alla nostra mentalità, ha da sempre interessato il pensiero umano: il vegetarianesimo, un tema che spesso emerge nell'ambito dell'INFORMAZIONE, che fa parte da sempre della nostra CULTURA (vedi per esempio Pitagora e Ovidio), ma di cui spesso è carente la FORMAZIONE della maggior parte delle persone (le loro riflessioni personali in merito sono cioè superficiali e poche, se non nulle).
La mia carissima amica V., una delle cose davvero positive che mi ha regalato l'esperienza liceale, è vegetariana fin dalla nascita, ovviamente prima per scelta dei suoi genitori, poi per una sua scelta consapevole e ponderata. E' una persona molto molto aperta, sia caratterialmente che 'mentalmente'. Mi piace accennare a lei qui perché, oltre che essere vegetariana, è una persona che possiede tutte e tre le qualità che titolano il nostro blog: cultura, formazione e informazione (in base ai suoi studi, riesce sempre a dare un giudizio ragionato su quello che accade attualmente). Dunque è perfetta per prendere le mosse su questo argomento e in questo contesto...!
Quando parlo con altre persone di vegetarianesimo, spesso sento deridere chi ha fatto questa scelta: "non sanno che si perdono!", " ma come si fa a non averla neanche mai assaggiata?!" sono le esclamazioni-interrogazioni tra il divertente e l'assurdo che mi ronzano intorno. Ma queste persone non sanno che dietro una scelta così forte e profonda non può che esserci una o più motivazioni altrettanto forti e profonde?
Altri dicono che la scelta dei vegetariani è inutile perché tanto gli animali vengono macellati ugualmente - è questa è una constatazione viziosa: non si tratta di un tentativo di diminuire gli animali uccisi per uso alimentare (o meglio, non è solo questa la motivazione). Si tratta invece di una vera e propria obiezione di coscienza: mi oppongo con tutta la mia persona alla strage e non vi partecipo in alcun modo. 
Qualcuno più serio ribadisce che da sempre l'uomo ha mangiato carne, e che quindi i vegetariani di oggi sono solo degli ipocriti. Certo, l'uomo primitivo cacciava per sopravvivere. Ma oggi, con tutto il benessere materiale di cui godiamo nei paesi economicamente più forti (o diciamo, pienamente inseriti in un'ottica consumistica, in cui l'abbondanza che troppo spesso sfocia nello spreco sembra essere uno dei risultati concreti di questo pseudosviluppo), molte persone sentono la necessità di rifiutare di cibarsi di carne animale: questo soprattutto per i modi barbari e mostruosi con cui essi vengono allevati e poi uccisi, solo allo scopo di nutrire l'ingordo e insaziabile 'uomo'.
Ma, come ho accennato in precedenza, anche Pitagora e poi Ovidio hanno sostenuto questa scelta, motivata su basi filosofiche. Rileggiamo il celebre passo ovidiano (Ov. Met. XV, 453-478):
Ne tamen oblitis ad metam tendere longe  / exspatiemur equis, caelum et quodcumque sub illo est / inmutat formas tellusque et quidquid in illa est; / nos quoque, pars mundi, quoniam non corpora solum, / verum etiam volucres animae sumus inque ferinas / possumus ire domos pecudumque in pectora condi, / corpora, quae possunt animas habuisse parentum / aut fratrum aut aliquo iunctorum foedere nobis / aut hominum certe, tuta esse et honesta sinamus / neve Thyesteis cumulemus viscera mensis. / Quam male consuescit, quam se parat ille cruori / inpius humano, vituli qui guttura ferro / rumpit et inmotas praebet mugitibus aures, / aut qui vagitus similes puerilibus haedum / edentem iugulare potest aut alite vesci, / cui dedit ipse cibos! Quantum est, quod desit in istis / ad plenum facinus? Quo transitus inde paratur? / Bos aret aut mortem senioribus inputet annis, / horriferum contra Borean ovis arma ministret, / ubera dent saturae manibus pressanda capellae. / Retia cum pedicis laqueosque artesque dolosas / tollite, nec volucrem viscata fallite virga / nec formidatis cervos inludite pennis / nec celate cibis uncos fallacibus hamos. / Perdite, siqua nocent, verum haec quoque perdite tantum: / ora vacent epulis alimentaque mitia carpant.
 TRADUZIONE di N. Scivoletto: Ora, per non scorrazzare a lungo con i cavalli dimentichi di andare verso la meta, riprendiamo il nostro argomento: il cielo e tutto ciò che gli sta sotto mutano forma e la mutano la terra e tutto ciò che è contenuto in essa; anche noi, che facciamo parte del mondo, in quanto non siamo solo corpi, ma anche anime volanti, e possiamo introdurci nei corpi di bestie selvagge e nasconderci in quelli di animali domestici: per questo curiamoci che rimangano sicuri e rispettati quei corpi che possano aver accolto le anime dei genitori o dei fratelli o di altri legati a noi da qualche vincolo di parentela o, in ogni caso, di esseri umani, e non riempiamoci lo stomaco con pietanze degne di Tieste. A quale empietà si assuefa, come si prepara a versare sangue umano quel malvagio che recide con il ferro la gola di un vitellino e ne ascolta senza compassione i muggiti, o colui che ha l'animo di sgozzare un capretto che vagisce come un bambino oppure di nutrirsi di quei volatili ai quali egli stesso ha dato da mangiare! Quanta differenza c'è tra queste uccisioni e l'omicidio vero e proprio? Da lì, per quali crimini non si apre la via? Il bue continui ad arare e attribuisca la sua morte alla vecchiaia, la pecora fornisca il riparo contro Borea che ci intirizzisce, le caprette ben pasciute offrano alle mani le loro mammelle per farsele mungere. Togliete di mezzo le reti, i lacciuoli, i cappi e ogni altra insidia e non ingannate gli uccelli con pali spalmati di vischio, non preparate insidie ai corvi con spauracchi di piume, non nascondete gli ami adunchi in mezzo alle esche ingannatrici. Se ci sono animali che danneggiano, eliminateli, ma eliminate solo questi; la vostra bocca si astenga dal mangiarne e carni e assuma solo alimenti incruenti.
Questo è il pensiero pitagorico riformulato da Ovidio (che non a caso fa pronunciare questo discorso proprio al personaggio Pitagora): è chiara la forte base filosofica su cui si informa tale concezione del vegetarianesimo, e la concessione finale di uccidere soltanto gli animali feroci verso gli uomini.
Oggi forse la questione è slittata su un piano diverso, ma non cambiano in sostanza gli assunti: anche gli animali hanno una propria 'anima', e soprattutto una propria dignità, che non è giusto  calpestare: l'uomo non ha il diritto di togliere la vita ad altri esseri che 'vivono' come lui, e per di più di toglierla con metodologie barbare, al limite della sadica tortura.
Basta dunque alla derisione di chi è vegetariano: questa scelta dimostra intelligenza e una forte e concreta presa di posizione.
Tuttavia, mi fa veramente ridere il fatto che oggi il vegetarianesimo sia diventato una moda: molti lo diventano (o si vantano di esserlo pur non essendo in realtà) perché fa 'alternativo' o 'ecologico' o 'intellettuale': beh, secondo me questi individui pseudovegetariani si riconoscono da lontano perché non perdono un minuto ad affermare o ribadire a voce alta la loro scelta alimentare. A questi sì che dobbiamo ridere in faccia: non si scherza su una scelta dalle radici così lontane ed elevate (il pitagorismo in primis) e dalle motivazioni etiche così nobili e intelligenti!
Allora stop al vegetarianesimo come moda superficiale e narcisistica: è un'offesa ulteriore agli animali e alla loro semplice e nobile dignità, oltre che un insulto a chi nel vegetarianesimo crede davvero e a tutto quello che tale idea comporta.


Una barbarie mostruosa: Green Hill & Co.

Siamo veramente delusi. Delusi e arrabbiati. Delusione e rabbia, oltre amarezza e senso di impotenza. Per una questione etica davvero imbarazzante che da sempre, in qualità di veri amici degli animali (di tutti gli animali) ci prende: la questione della vivisezione e della sperimentazione animale a fini, diciamo così, medico-scientifici e cosmetici (ma chi se ne frega di qualche ruga in più!!). Il canile lager di Green Hill di Montichiari con i suoi stupendi beagle destinati al macello (il caso è stato sollevato a livello nazionale da Striscia la Notizia, ma la questione è più vecchia e molto più vasta di quello che non sembri) è solo la punta di un immenso iceberg dell'orrore che naviga nell'oceano melmoso della cosiddetta 'civiltà evoluta' di oggi. Ma se noi riuscissimo, con firme, petizioni e manifestazioni varie, a farne decretare la chiusura, sarebbe un notevole traguardo reale, ma soprattutto simbolico. Un bel colpo per l'inciviltà più mostruosa.
Siamo nel 2012, e ancora dobbiamo sopportare queste ingiustissime torture contro animali innocenti e indifesi, per rincorrere il sogno (anzi, direi l'utopia) di debellare ogni tipo di malattia che attacca l'uomo e renderlo così fisicamente perfetto e quasi immortale (a discapito però della sua interiorità, che marcisce a piede libero). 
Secondo noi non si dovrebbe mai infrangere il limite imposto dal RISPETTO DELLA VITA, non solo umana, ma di ogni essere vivente. La medicina, la scienza e la cosmesi ormai sono più che evolute: non importa ricorrere a queste barbarie per evolversi ulteriormente: ci saranno sicuramente altre metodologie adatte a tale scopo, e sicuramente meno nocive e peccaminose.
Io e Alessandro proviamo un senso di reale dolore ogni volta che sentiamo parlare di queste brutalità spesso gratuite (un impressionante reportage fotografico è sul sito www.novivisezione.org , nella sezione Foto: consigliamo vivamente a tutti di 'guardare' quello di cui è capace l'uomo ancora oggi).
Tutti noi dovremmo combattere affinché venga abolita la vivisezione: a tal proposito vi invitiamo a firmare la petizione apposita. Cliccate su http://www.firmiamo.it/green-hill-deve-chiudere-------basta-massacri-
In pochi istanti avrete dato il vostro importantissimo contributo per una causa che deve al più presto essere risolta. 
Se lo Stato sembra - e non è una novità - tapparsi orecchie e occhi, almeno noi, la base dello stesso Stato, non chiudiamoci gli occhi per non vedere e le orecchie per non sentire: apriamo il nostro sguardo e la nostra mente e sensibilizziamoci: perché un uomo per essere definito tale non può concedersi simili libertà assassine. Se ci uniremo tutti, allora anche l'autorità statale non potrà contravvenire alla nostra UNANIME E CONTRARIA OPINIONE SULLA VIVISEZIONE E SULLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE.

venerdì 11 maggio 2012

Un economista e una filologa

Carissimi, ecco che nel secondo post mi sembra doveroso presentarci almeno un po', di modo che possiate farvi un'idea (cioè INFORMARVI, come spiegato nel primo post di apertura di questo Blog) di come ragionano le nostre giovani e vulcaniche testoline.
Procediamo in ordine alfabetico, per cui partiamo da:

ALESSANDRO = oltre che a essere un bellissimo ragazzo (badate voi donne: è tutto mio!) è, di nome e di fatto, un vero 'protettore di uomini', nel senso che è fondamentalmente buono con gli altri, e ama pensare sempre mille soluzioni per aiutare concretamente gli altri quando li vede in difficoltà. Ama moltissimo gli animali: adoro guardarlo mentre gioca con i nostri cani e gatti, ha un modo tutto suo di giocarci, semplice e insieme stupendo. E' sportivo per natura, fin dalla nascita direi, di quei tipi che li vedi da lontano che sono agili e scattanti per natura (mentre io anche quando corro sembra che stia seduta..): dopo anni di calcio, si è dedicato all'atletica leggera che pratica tuttora con passione e impegno - ma è attratto anche dal rugby, e il fisico glielo consentirebbe pure. Non fuma - perché quando provò non gli piacque il sapore e non, come ci tiene sempre a precisare, perché sia un bacchettone o precisino - e non beve nemmeno il vino del suo babbo che è a detta di tutti buonissimo. E' verace e semplice, serio ma anche infinitamente divertente e sempre con il sorriso sulle labbra, attento e premuroso con me eccetera eccetera (ma forse è meglio non farti troppa pubblicità, non si sa mai...). 
Dopo questi (necessari?) punti introduttivi, passiamo alla sua FORMAZIONE intesa in senso tradizionale: laurea in Economia e Commercio, frequentazione assidua di studi commerciali e una profonda conoscenza dei mercati finanziari: una passione che si porta dietro da molti anni. Ama anche intendersi di diritto: a proposito, presto contiamo di fare un post sull'importanza del diritto e della sua conoscenza al giorno d'oggi (anche Petrarca e la maggior parte dei grandi letterati del Medioevo e Rinascimento fino alle soglie dell'epoca contemporanea erano dottori in diritto!!). Si interessa anche di politica: la sua militanza a sinistra gli deriva dalla sua famiglia, fatta di contadini, operai e partigiani. Da quando mi ha conosciuto, si è appassionato anche alla lettura di romanzi e perfino di saggi filosofici, che ha imparato ad apprezzare e sui quali ha discusso infinite volte con me: tra l'altro, nelle nostre discussioni riusciamo sempre a trarre delle massime degne dei migliori scrittori...poi vi faremo leggere qualcosina. Lui afferma sempre che da quando ci siamo incontrati è cambiato molto: il suo modo di pensare si è approfondito e ha acquisito una capacità critica che prima non aveva (e che invece in me abbonda). Naturalmente anche io sono cambiata moltissimo, dopo averlo conosciuto, e solo in meglio.
Se la CULTURA sembra coincidere con la formazione di una persona, a prima vista, beh..non è così: ci sono persone più acculturate che formate, e viceversa. La forza di Alessandro è quella di aver saputo sempre collegare con la sua mente e i suoi pensieri 'vivi' quello che ha studiato, e di rendere così un tutt'uno la sua FORMAZIONE con la sua CULTURA, cosa che lo rende in grado di essere ben INFORMATO su tutto, più o meno.

NICOLLE = visto che scrivo io, sorvolo sulla parte descrittiva più personale, dicendo solo che anche io ho un fortissimo senso della solidarietà verso chi sta male o peggio di me, che amo da impazzire ogni tipo di animale, che adoro la musica e che sono proprio una persona trasparente e semplice, e che riesce a tenere benissimo nascosti i segreti raccontati dalle amiche e non... a parte tutto ciò (magari qualcun altro si piglierà la briga di provare a descrivere la complessità di cose che sono io), passerei subito alla mia FORMAZIONE: dopo il liceo classico, mi sono fiondata a lettere, sempre sostenuta dai miei molti prof. di italiano, filosofia, greco e latino. Ho fatto bene, perché ho finito bene e in fretta, e sono molto soddisfatta di quello che ho appreso. Mi sono specializzata in filologia umanistica, e ora sto terminando un faticoso ma 'formativissimo' dottorato di ricerca che mi ha insegnato a fare edizioni critiche ad hoc (nello specifico, delle opere poetiche di Maffeo Vegio). Visto che imparai a leggere tutta sola all'età di 4 anni, non posso non amare i libri: ne comprerei a bizzeffe, e il mio comodino ne è sempre stracolmo. Sono pazza dei grandi auctores latini e greci: il Virgilio delle Georgiche e l'Esiodo delle Opere e i Giorni sono i miei preferiti (forse perché non potrei vivere senza le mie campagne e il mio verde?). Adoro scrivere: poesie, mini racconti, mini saggi. Sono infinitamente CURIOSA, non perché mi faccio i fatti degli altri (anzi, questo proprio non è nel mio stile), ma perché amo conoscere cose nuove: l'ultima cosa a cui mi sono appassionata è il sistema perfetto di uno sciame di api, sulla scia di un evento particolarissimo (la sciamatura) incorso proprio nel mio giardino ieri, davanti ai nostri occhi sbalorditi e ammirati. Mi sono letta ieri sera un intero manuale di apicoltura, per la sete di conoscere quel mondo così perfettamente organizzato e operoso, che genera l'oro del miele, della propoli e della pappa reale: cose che senza le api noi non potremmo mai conoscere né tanto meno produrre, neanche con l'aiuto dei più potenti mezzi artificiali.
Su di me, direi che la mia formazione supera la mia cultura, perché, sono sincera, alcune volte mi rendo conto che, studiando cose lontane nel passato, perdo un po' il legame con gli avvenimenti del presente, e così la mia INFORMAZIONE diventa più scadente, diciamo sicuramente più nebulosa: in questo Alessandro mi batte alla grande...!!!!!

giovedì 10 maggio 2012

Le nostre idee al passo coi tempi

Benvenuti in questo blog novello, dal titolo forse un po' altisonante ma sicuramente importante e denso di significato. Partirei proprio da qui, dai termini Cultura e InFormazione. Due parole che oggi sono sempre più utilizzate nei media, nelle scuole e persino nei discorsi dei muratori che lavorano sui tetti. Termini dunque conosciuti, usati e fin troppo abusati. Ma che appunto e purtroppo stanno perdendo il loro significato intrinseco e profondo, legato alla nostra natura di 'homo': la cultura e l'informazione sono appunto innanzitutto 'parole', e come tali esse costituiscono un insieme inscindibile di 'fonos' (dal gr. suono) e di 'sema' (dal gr. significato). Non bisognerebbe mai utilizzare parole così dense come semplice suono, perdendo di vista il loro potente significato. Dunque non abusiamone: usiamole con parsimonia e quando si tratta VERAMENTE di cultura, di informazione e di formazione.
Molti oggi si atteggiano a nuovi intellettuali trascinatori della società, regalandoci piccole perle di inutilità su giornali e riviste in cui 'cultura, 'informazione' e (un po' meno) 'formazione' compaiono più o meno nella proporzione del 50%, e poi, alla fine della lettura, il lettore si chiede: ma che ha scritto questo??
Noi non abbiamo assolutamente queste pretese. Siamo giovani e inesperti ancora. Ma ci stiamo Formando. E Informando. Su internet, sui giornali. Di modo che la nostra Cultura, acquisita nelle Università, come accade per la maggior parte dei giovani di oggi, non rimanga solo uno sterile bagaglio, oppure peggio, non venga utilizzata a scopo egoistico e vano, ma in modo da APPLICARLA a questo mondaccio di oggi, che sembra inesorabilmente destinato a collassare a breve termine.

Innanzitutto, dunque, occorre riesaminare brevemente alla base queste parole così importanti :
 1) CULTURA = è parola già esistente nel latino, con il significato specifico di 'coltivazione' (ad esempio, l'espressione cultura agri significa 'coltivazione della terra'), ma anche con quello figurato di 'educazione'. L'etimologia della parola si fa risalire al latino cultus, che è il participio perfetto del verbo colo, propriamente 'coltivare', anche nel senso più lato di 'esercitare', 'praticare'. Dunque la cultura è una specie di 'coltivazione di noi stessi': senza di questa rimarremmo piantine piccole e delicate, e alla prima ventata (di prepotenze e scemenze) ci sradicheremmo e moriremmo. Dunque COLTIVIAMOCI!!!
2) INFORMAZIONE = anche questa parola non a caso deriva dal latino informatio, usato nel suo senso più pregnante di 'idea', di 'rappresentazione mentale', soprattutto da Cicerone nel De natura deorum (un trattato filosofico, si badi bene, di argomento religioso). A sua volta esiste il verbo latino informare = dare forma, modellare, plasmare, sia in senso letterale che figurato. Ecco che l'informazione dunque è la capacità tutta umana di 'pensare personalmente' su fatti o cose che ci circondano. Ecco dunque che l'elemento 'personale' è fondamentale, ed ecco di qui l'importanza - non sempre positiva - dell'OPINIONE nell'ambito informativo. Secondo noi, bisogna cioè stare sempre attenti a non confondere le opinioni, sempre soggettive, dall'informazione, che invece deve - o dovrebbe - mirare alla conoscenza il più oggettiva possibile delle cose e degli avvenimenti.
3) FORMAZIONE = esiste ovviamente il latino formatio, -onis, che però assume un senso tecnico (è utilizzata soprattutto da Vitruvio nel suo trattato sull'Architettura), e per questo significa addirittura 'disegno'. Ma l'etimologia facile del termine italiano ci indirizza subito al pregnantissimo forma, usato anche in filosofia (la fondamentale distinzione tra forma e sostanza) e che ha due sensi principali (tra i tantissimi che può assumere): 'aspetto' e 'idea'. Nell'ambito del secondo significato possiamo includere anche quelli di 'carattere', 'qualità', 'modello'. Ecco che è chiaro il senso della 'nostra' formazione = un tentativo di 'modellare' secondo un'idea esemplare la nostra persona. La scuola molto spesso fallisce questo obiettivo, proponendo agli studenti dei temi che, seppur affascinanti, sono affidati o a personale docente impreparato, o stanco di insegnare, o preparato ma incapace di trasmettere la curiosità di conoscere ai ragazzi. La scuola sarebbe davvero formativa, se prima di focalizzare tutta l'attenzione sul voto, si concentrasse invece ad infondere il senso critico e la curiositas nei ragazzi...
E ve lo dice una che di scuola ne ha fatta e ne sta facendo, e pure tanta:-))