martedì 5 febbraio 2013

Gabriele D'Annunzio: il Vate della Parola

Eccomi qui, con un post dedicato a uno dei più grandi plasmatori del linguaggio: Gabriele D'Annunzio. Poeta controverso e che lo si ama o lo si odia, a mio parere, e al di là delle sue idee politiche e della sua adesione al fascismo - ma su questo punto bisogna ritornare - rappresenta uno tra i più grandi poeti e romanzieri della nostra letteratura. La sua capacità di utilizzare le mille sfumature del nostro vocabolario ricchissimo mi ha sempre affascinato, e ogni sua poesia ha una musicalità incredibile, dovuta naturalmente non solo alla conoscenza approfondita dei meccanismi metrici, ma anche, appunto, alla sua bravura innata nel captare il ritmo, il suono particolare di ogni singola parola, e di saperle legare in una catena che attinge senso soprattutto in virtù del ritmo. Indimenticabile la dichiarazione d'annunziana inclusa ne L'Isotteo...

O poeta, divina è la Parola;
Ne la pura Bellezza il ciel ripose
 Ogni nostra letizia;
e il Verso è tutto.
Vedete che Parola, Bellezza e Verso hanno le iniziali maiuscole. Perché? Perché naturalmente per D'Annunzio, esteta fino in fondo all'anima, tutta la propria vita, che lui aveva inestricabilmente unito alla letteratura, si condensava nella triade quasi religiosa della Parola-Bellezza-Verso, come una catena in cui ogni elemento presuppone e prelude l'altro. Per D'Annunzio, insomma, basterebbe ricordare queste tre semplici parole e la citazione dall'Isotteo per capirne la natura, e anche le motivazioni sottese al suo fare letteratura. 
D'Annunzio è un po' come Petrarca: ha legato indissolubilmente la sua vita alla letteratura. Questa è la visione totalizzante tipica di chi, tramite la letteratura, costruisce la propria vita, e viceversa. 
Non credo che D'Annunzio fosse fascista, in fondo: piaceva a Mussolini perché rappresentava l'intellettuale italiano di spicco la cui popolarità era tutta da sfruttare a suo favore. Ma D'Annunzio, anche se è vero che aderì al Fascismo in fasce, poi è anche vero che non fece mai richiesta della Tessera del Partito. Se è vero che nel 1925 firmò con Marinetti il Manifesto degli intellettuali fascisti, è anche vero che Mussolini cercava in tutti i modi di mettere a tacere un personaggio così discusso e 'nazionale': non potendolo fare con le cattive, vista la sua popolarità e il rischio di creare malcontento nella popolazione, lo fece con le buone. Gli dette vitalizi, ville, una vita immersa nella bambagia del lusso. Lo aveva preso per la gola: D'Annunzio era un esteta, un poeta, un romanziere e un critico letterario, non era un politico. Ti compro in cambio del silenzio, in cambio dell'adesione. Tuttavia, D'Annunzio non si zittì del tutto: quasi alla fine della sua vita (siamo nel 1934) ebbe il coraggio di satireggiare su Hitler, chiamandolo pagliaccio.
Mussolini aveva capito quanto fosse potente la Parola: lo dimostrano le sue arringhe vocianti, le sue continue campagne pubblicitarie, con cartelloni e proclami radiofonici. Ma lo dimostra pure la sua vicinanza interessata a D'Annunzio: il Vate, il profeta della Parola. D'Annunzio, con la sua penna, poteva fare molto male, se solo si fosse reso conto di quello che stava vivendo: Mussolini lo piglia e lo piazza nel Vittoriale, in una prigione dorata, in cui morirà nel 1938.
La Parola è il primo e più potente mezzo di persuasione: pistole e fucili, contro di lei, non valgono niente.

2 commenti:

  1. "La Parola è il primo e più potente mezzo di persuasione: pistole e fucili, contro di lei, non valgono niente"
    Perfettamente d'accordo la parola, il pensiero, plasmano la realta'

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  2. La parola è strettamente connessa alla vita: chi non comprende la parola non è in grado di comprendere la vita. Oggi, più che mai,ha bisogno di ritornare alla sua giusta collocazione naturale.
    Ma per far questo bisogna prima ritrovare la capacità di saperla accogliere bene. Plutarco diceva: "il concepimento e le gravidanze sono anteriori al parto"

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