sabato 9 marzo 2013

Django di Quentin Tarantino: impressioni

Molti miei amici e conoscenti mi hanno consigliato di vedere Django di Quentin Tarantino...ecco: ieri sera lo abbiamo visto. Devo dire che lo stile di Tarantino, uno dei registi più geniali in circolazione, di cui ho anche recensito Bastardi senza gloria in un altro post, è lampante anche in questa pellicola, che è a tutti gli effetti un omaggio al genere degli spaghetti western e che riprende, fin dal titolo, un film del 1966 diretto da Sergio Corbucci e in cui interprete principale era Franco Nero, che friendly partecipa anche nel film di Tarantino, in una scena bellissima, in cui i due Django (Jamie Foxx e Franco Nero, appunto) si scambiano due scontrose parole al bancone di un bar, al cospetto del cattivissimo Leonardo Di Caprio - Calvin Candie, un latifondista crudele e senza cuore...
Un passaggio di testimoni a mio avviso magistralmente riuscito: il film di Tarantino rappresenta una intelligentissima rivisitazione dle genere western, in cui fondamentale è la tematica della schiavitù. Tutto il film ruota attorno al razzismo e alla schiavitù, uno dei capitoli più terribili della pur breve storia degli Stati Uniti.
Il film è ambientato nel 1858, parte in Texas, parte in Tennessee e parte in Mississippi, ed è lo schiavo nero Django e il suo amore per la moglie, Broomhilda von Shaft, anche lei schiava, a costituire il filo narrativo principale. Alla storia e alla fortuna di Django si intreccia strettamente anche la figura del medico di origini tedesche King Schultz, interpretato dal premio Oscar Christoph Waltz, un talento scoperto proprio da Tarantino "ai tempi" di Bastardi senza gloria. L'elemento tedesco nel film non si ferma qui: Django e Broomhilda vengono rispettivamente assimilati a Sigfrido e a Brunilde della saga dei Nibelunghi: due eroi dei tempi moderni: la principessa che viene salvata da un principe particolarmente intrepido e impavido. Tant'è vero che il film finisce proprio così, con la totale e sanguinosissima (splatter forever!) vendetta dei due ex schiavi, che escono vittoriosi dalla villa in fiamme di Calvin Candie.
Interessantissime le zoommate sui volti di alcuni dei protagonisti (Leonardo Di Caprio e lo stesso protagonista Foxx), in ossequio alla tradizione cinematografica western, di cui Tarantino è un fervido ammiratore. Particolare anche la grafica dei titoli di coda, che riprende lo stile di quelli dei vecchi film ambientanti nell'America del cowboy. Acuta la sfumata contrapposizione tra buoni e cattivi, così forte nei western americani, e invece già sperimentata da Sergio Leone per l'italian western: Django è chiaramente colui che riscuote la simpatia dello spettatore, eppure non è totalmente 'buono', anzi, nella sua formazione a fianco del dottor Schultz diventa cinico e duro molto più dello stesso dottore. Degna di lode la sceneggiatura, che ripropone in maniera assolutamente godibile un genere che ha vissuto ormai il suo tempo. Interessantissima l'importante tematica storica, affrontata con occhio intelligente e ironico. Stupendo il personaggio di Stephen, interpretato dal bravissimo Samuel Jackson.
Insomma: ancora una volta complimenti al genio di Tarantino!

1 commento:

  1. W Tarantino e W Django (la D non si pronuncia!). Hai ragione, in questo film non troviamo più la netta contrapposizione tra buoni e cattivi, i personaggi non sono maschere, ma risultano complessi e sfaccettati!
    Il prossimo film di Tarantino andiamo a vederlo insieme....ok?
    Verbe.

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