domenica 13 maggio 2012

Vegetariani e non: basta ipocrisie e derisioni!

In linea con il post immediatamente precedente, mi sento in dovere di affrontare una tematica che fin da Pitagora, per poi passare a Ovidio e infine alla nostra mentalità, ha da sempre interessato il pensiero umano: il vegetarianesimo, un tema che spesso emerge nell'ambito dell'INFORMAZIONE, che fa parte da sempre della nostra CULTURA (vedi per esempio Pitagora e Ovidio), ma di cui spesso è carente la FORMAZIONE della maggior parte delle persone (le loro riflessioni personali in merito sono cioè superficiali e poche, se non nulle).
La mia carissima amica V., una delle cose davvero positive che mi ha regalato l'esperienza liceale, è vegetariana fin dalla nascita, ovviamente prima per scelta dei suoi genitori, poi per una sua scelta consapevole e ponderata. E' una persona molto molto aperta, sia caratterialmente che 'mentalmente'. Mi piace accennare a lei qui perché, oltre che essere vegetariana, è una persona che possiede tutte e tre le qualità che titolano il nostro blog: cultura, formazione e informazione (in base ai suoi studi, riesce sempre a dare un giudizio ragionato su quello che accade attualmente). Dunque è perfetta per prendere le mosse su questo argomento e in questo contesto...!
Quando parlo con altre persone di vegetarianesimo, spesso sento deridere chi ha fatto questa scelta: "non sanno che si perdono!", " ma come si fa a non averla neanche mai assaggiata?!" sono le esclamazioni-interrogazioni tra il divertente e l'assurdo che mi ronzano intorno. Ma queste persone non sanno che dietro una scelta così forte e profonda non può che esserci una o più motivazioni altrettanto forti e profonde?
Altri dicono che la scelta dei vegetariani è inutile perché tanto gli animali vengono macellati ugualmente - è questa è una constatazione viziosa: non si tratta di un tentativo di diminuire gli animali uccisi per uso alimentare (o meglio, non è solo questa la motivazione). Si tratta invece di una vera e propria obiezione di coscienza: mi oppongo con tutta la mia persona alla strage e non vi partecipo in alcun modo. 
Qualcuno più serio ribadisce che da sempre l'uomo ha mangiato carne, e che quindi i vegetariani di oggi sono solo degli ipocriti. Certo, l'uomo primitivo cacciava per sopravvivere. Ma oggi, con tutto il benessere materiale di cui godiamo nei paesi economicamente più forti (o diciamo, pienamente inseriti in un'ottica consumistica, in cui l'abbondanza che troppo spesso sfocia nello spreco sembra essere uno dei risultati concreti di questo pseudosviluppo), molte persone sentono la necessità di rifiutare di cibarsi di carne animale: questo soprattutto per i modi barbari e mostruosi con cui essi vengono allevati e poi uccisi, solo allo scopo di nutrire l'ingordo e insaziabile 'uomo'.
Ma, come ho accennato in precedenza, anche Pitagora e poi Ovidio hanno sostenuto questa scelta, motivata su basi filosofiche. Rileggiamo il celebre passo ovidiano (Ov. Met. XV, 453-478):
Ne tamen oblitis ad metam tendere longe  / exspatiemur equis, caelum et quodcumque sub illo est / inmutat formas tellusque et quidquid in illa est; / nos quoque, pars mundi, quoniam non corpora solum, / verum etiam volucres animae sumus inque ferinas / possumus ire domos pecudumque in pectora condi, / corpora, quae possunt animas habuisse parentum / aut fratrum aut aliquo iunctorum foedere nobis / aut hominum certe, tuta esse et honesta sinamus / neve Thyesteis cumulemus viscera mensis. / Quam male consuescit, quam se parat ille cruori / inpius humano, vituli qui guttura ferro / rumpit et inmotas praebet mugitibus aures, / aut qui vagitus similes puerilibus haedum / edentem iugulare potest aut alite vesci, / cui dedit ipse cibos! Quantum est, quod desit in istis / ad plenum facinus? Quo transitus inde paratur? / Bos aret aut mortem senioribus inputet annis, / horriferum contra Borean ovis arma ministret, / ubera dent saturae manibus pressanda capellae. / Retia cum pedicis laqueosque artesque dolosas / tollite, nec volucrem viscata fallite virga / nec formidatis cervos inludite pennis / nec celate cibis uncos fallacibus hamos. / Perdite, siqua nocent, verum haec quoque perdite tantum: / ora vacent epulis alimentaque mitia carpant.
 TRADUZIONE di N. Scivoletto: Ora, per non scorrazzare a lungo con i cavalli dimentichi di andare verso la meta, riprendiamo il nostro argomento: il cielo e tutto ciò che gli sta sotto mutano forma e la mutano la terra e tutto ciò che è contenuto in essa; anche noi, che facciamo parte del mondo, in quanto non siamo solo corpi, ma anche anime volanti, e possiamo introdurci nei corpi di bestie selvagge e nasconderci in quelli di animali domestici: per questo curiamoci che rimangano sicuri e rispettati quei corpi che possano aver accolto le anime dei genitori o dei fratelli o di altri legati a noi da qualche vincolo di parentela o, in ogni caso, di esseri umani, e non riempiamoci lo stomaco con pietanze degne di Tieste. A quale empietà si assuefa, come si prepara a versare sangue umano quel malvagio che recide con il ferro la gola di un vitellino e ne ascolta senza compassione i muggiti, o colui che ha l'animo di sgozzare un capretto che vagisce come un bambino oppure di nutrirsi di quei volatili ai quali egli stesso ha dato da mangiare! Quanta differenza c'è tra queste uccisioni e l'omicidio vero e proprio? Da lì, per quali crimini non si apre la via? Il bue continui ad arare e attribuisca la sua morte alla vecchiaia, la pecora fornisca il riparo contro Borea che ci intirizzisce, le caprette ben pasciute offrano alle mani le loro mammelle per farsele mungere. Togliete di mezzo le reti, i lacciuoli, i cappi e ogni altra insidia e non ingannate gli uccelli con pali spalmati di vischio, non preparate insidie ai corvi con spauracchi di piume, non nascondete gli ami adunchi in mezzo alle esche ingannatrici. Se ci sono animali che danneggiano, eliminateli, ma eliminate solo questi; la vostra bocca si astenga dal mangiarne e carni e assuma solo alimenti incruenti.
Questo è il pensiero pitagorico riformulato da Ovidio (che non a caso fa pronunciare questo discorso proprio al personaggio Pitagora): è chiara la forte base filosofica su cui si informa tale concezione del vegetarianesimo, e la concessione finale di uccidere soltanto gli animali feroci verso gli uomini.
Oggi forse la questione è slittata su un piano diverso, ma non cambiano in sostanza gli assunti: anche gli animali hanno una propria 'anima', e soprattutto una propria dignità, che non è giusto  calpestare: l'uomo non ha il diritto di togliere la vita ad altri esseri che 'vivono' come lui, e per di più di toglierla con metodologie barbare, al limite della sadica tortura.
Basta dunque alla derisione di chi è vegetariano: questa scelta dimostra intelligenza e una forte e concreta presa di posizione.
Tuttavia, mi fa veramente ridere il fatto che oggi il vegetarianesimo sia diventato una moda: molti lo diventano (o si vantano di esserlo pur non essendo in realtà) perché fa 'alternativo' o 'ecologico' o 'intellettuale': beh, secondo me questi individui pseudovegetariani si riconoscono da lontano perché non perdono un minuto ad affermare o ribadire a voce alta la loro scelta alimentare. A questi sì che dobbiamo ridere in faccia: non si scherza su una scelta dalle radici così lontane ed elevate (il pitagorismo in primis) e dalle motivazioni etiche così nobili e intelligenti!
Allora stop al vegetarianesimo come moda superficiale e narcisistica: è un'offesa ulteriore agli animali e alla loro semplice e nobile dignità, oltre che un insulto a chi nel vegetarianesimo crede davvero e a tutto quello che tale idea comporta.


Nessun commento:

Posta un commento